domenica 31 gennaio 2010

Strangers (part - 2)

Dexter si era già messo in fila al bar della stazione e guardava pigramente fuori dalle grandi vetrate, una cuffia dell’iPod all’orecchio. « Fortuna che hai perso il treno pure tu, che palle dover aspettare altri 40 minuti qua da solo sennò…» «……eh? » «…Mi stai ascoltando o sei ancora perso nei sogni Nate? » sogghignò Dexter « Sembri un po’ assente oggi… » Nate era, in effetti, più che assente. « Tu hai visto il barbone giù……? » chiese circospetto all’amico, mentre la barista preparava le tazzine per i due caffè. « Quello che vive nel sottopassaggio? Certo, e mi chiedo perché lo lascino lì, tra l’altro» « No, beh, intendevo… » Nate si interruppe. Cosa intendeva? Che quell’uomo, probabilmente ubriaco l’aveva infastidito biascicando parole senza senso? Che aveva una strana cicatrice sull’occhio? Che lui si faceva spaventare da cose del genere? Si meravigliò di quanto la cosa sembrasse terribilmente ridicola da raccontare. «…no, niente. In effetti chissà perché i poliziotti lo lasciano vivere là. ». Finiti i caffè si sedettero nella sala d’attesa ad aspettare il treno successivo. Nate conosceva Dexter dal primo giorno di scuola superiore. Erano in classe insieme da cinque anni e, nonostante avessero due caratteri molto diversi, erano grandi amici. Era un ragazzo strano. Glielo dicevano spesso, e lui ne era perfettamente consapevole. Anzi, si può dire che ne era quasi orgoglioso. La normalità d’altronde è così banale, si trovava ad affermare spesso, con sarcasmo. Non era il più alto della sua classe, nè il più simpatico. Non si poteva dire che fosse brutto, ma le ragazze non facevano la fila per lui. Dexter, lui sì che era bello davvero. Tutte quante parlavano di lui e si scambiavano pettegolezzi e informazioni che ormai erano leggende con un filo di verità, dopo anni di ingigantimenti e imprecisioni. Ma Dex era una persona profonda, un ragazzo sveglio e intelligente e aveva trovato in Nate uno dei pochi che non aveva fatto a gara per averlo come amico. Fu quello che all’inizio smosse le cose. Nate aveva un suo modo di vedere le cose, un atteggiamento tutto suo verso il mondo che lo circondava. Sembrava, a volte si era sentito dire, indifferente. Dexter, che lo conosceva meglio di chiunque altro, aveva capito in breve che la sua non era indifferenza. Aveva sviluppato un approccio al mondo e agli altri che gli consentiva di essere assolutamente indipendente e slegato da tutto e da tutti. Si contavano sulle dita di una mano le volte in cui Nate Thomas aveva parlato e si era aperto con lui, ma in quei momenti, Dex aveva capito che straordinaria umanità si celava sotto il ruvido volto che mostrava a tutti. Osservandoli da fuori potevano sembrare due estranei ma avevano un profondo rapporto di rispetto e fiducia. Ed entrambi sapevano di poter contare l’uno sull’altro. Dopo quasi venti minuti arrivò il treno successivo ed entrambi salirono. Il barbone rosso, notò Nate mentre attraversavano il sottopassaggio, aveva lasciato la sua posizione, probabilmente alla ricerca di qualche soldo per mangiare. Saliti, Dex si svaccò bellamente occupando due sedili –quando perdevano il treno, quello successivo al confronto era praticamente semivuoto-, e infilandosi si nuovo una cuffietta nell’orecchio. Anche Nate si sistemò le cuffiette e si lasciò trasportare nel suo quieto dormiveglia da pendolare abituario.
Non seppe se a risvegliarlo bruscamente fu lo stridio assordante dei freni, il boato che seguì immediatamente dopo, o lo scossone che percorse tutto il treno. Guardò Dex che lo ricambiò. Era incassato nel sedile, terrorizzato. « Oddio…» mormorò. Provò ad alzarsi ma un altro scossone lo rimisi a sedere forzatamente. La carrozza iniziò a vibrare sempre più forte. « Deraglieremo, di questo passo! » pensò Nate. Riuscì ad alzarsi e balzò verso l’amico, paralizzato dalla paura. Gli prese la mano e lo aiutò ad alzarsi. « Andiamo verso uno dei finestrini che si spacca» gridò Nate per sovrastare gli stridii metallici. Non aveva idea di cosa potesse servire ma fare qualcosa era meglio di fare niente. Presero a muoversi a scatti, tenendosi alle pareti per non cadere, verso una delle uscite di emergenza. Verso la motrice, fumo e fiamme si alzavano da un punto imprecisato del treno. Poi lo vide. Viaggiavano ancora a gran velocità. Eppure, fuori c’era un uomo. Fece un passo avanti e penetrò le lamine metalliche come un fantasma. Un sorriso gli comparve sul volto, appena visibile sotto il cappuccio che portava. Nate era immobile, incapace di pensare, col cervello completamente vuoto. Si era dimenticato di dove fosse e cosa stesse succedendo. L’apparizione puntò il dito contro di lui e in quell’istante ogni centimetro del suo corpo parve esplodere.

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