mercoledì 17 marzo 2010

Per una volta qualcosa di positivo

Sto per scrivere qualcosa che potrebbe avere delle ripercussioni. Nel senso che potreste voler venire a darmi botte. Vorrei spezzare una lancia oggi. Anzi, vorrei proprio elogiare un programma che, secondo me, ha più lati positivi che negativi. Sto parlando di Amici di Maria de Filippi. Aspettate a gridare all'eresia. Amici è un talent. E deve fare ascolto. Per questo è corredato di soggetti discutibili che scatenano discussioni al limite del ridicolo. Ma andiamo con ordine.
Maria de Filippi. D'accordo, è raccomandata. D'accordo, programmi come "C'è posta per te" e "Uomini e Donne" non depongono a suo favore. Ma vabbè, uno può anche non fare cagate su tutti i fronti no? Ma lasciatemi dire che come presentatrice ci sa fare. Divertente, intransigente quando serve, mai una frase fuori posto, tutto calcolato. Si vede che fa caso ai particolari. E alla fine il risultato è che il suo lavoro lo fa bene eccome.
La giuria. Qualche elemento totalmente ridicolo c'è. Ma in genere, soprattutto ultimamente, si vedono dei professionisti che sembrano intendersi di musica e ballo, perlomeno(e sono pure diminuite le discussioni sterili e infantili). Platinette la fa da padrone nel compromesso. Giornalista competente e per niente stupida/o, mescola il tutto a occasionali battute d'effetto che tanto piacciono al pubblico (pure qualche caduta di stile, tuttavia, c'è stata).
Tra parentesi, un applauso a tutta l'orchestra di Vessicchio che a quanto ho potuto ascoltare ha davvero dei musicisti eccezionali.
Gli "Amici". Ora. Mi viene spontanea una piccola giustificazione. Ho iniziato a guardare questo programma un paio di anni fa, perchè la mia televisione è sotto il controllo di madre e sorella. Essendo in minoranza, mi sorbivo 'sta gentaglia. Pian piano ho colto qualche lato positivo negli "Amici". Il primo, in particolare era la presenza, in tutte le edizioni, di qualche bella figliola che ballava con addosso poco o niente. Quello era un lato mooooolto positivo (e quest'anno c'era una gran bella figliola che ha lasciato il programma pochi giorni fa...Tale Elena, per niente un brutto figurino, fidatevi). L'altro lato positivo, essendo io amante della musica, era il fatto che, c'è da dirlo, alcuni di quei ragazzi avevano DAVVERO una voce straordinaria. Dall'odioso Marco Carta, ormai conosciuto da tutti, alla (secondo me) parecchio più brava Alessandra Amoroso, da Valerio Scanu a Loredana Errore. Alcuni di questi ragazzi mi hanno veramente stupito. A volte cantano canzoni non molto distanti dalla merda che si sente in certe radio. E ti rendono questa merda un po' meno merda. Non è mica facile. Ci sono parecchie canzoni venute fuori da Amici, che risiedono nel mio Ipod. Non saranno pezzi miliari di storia della musica, forse. Ma trovo che siano veramente una delle cose migliori che ho sentito negli ultimi tempi(,purtroppo?). Vi consiglierei di ascoltare qualcosa in giro, se vi capita, metterò un paio di link alla fine del post. Io sono innamorato della canzone, scritta da Biagio Antonacci, per questa ragazza, Loredana Errore. Lei la vedrei bene a fare del rock, mi ricorda tanto la Nannini, e sembra pazza e talentuosa al punto giusto per fare strada.
A questo punto puoi insultarmi se vuoi, ma tanto non me ne frega niente, perchè di musica ne so molto più di te.
http://www.youtube.com/watch?v=1nhTKIMnO9I

martedì 9 marzo 2010

La notte

"Dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava.
Il suo sguardo nei miei occhi non mi lascia più"

Un libro da leggere, che porta via poche ore e restituisce grandi emozioni

mercoledì 3 marzo 2010

Bazinga

Diario di bordo del capitano Rancox,

data astrale 06948926669284

09:50
sono passate due ore dalla scomparsa del doc. Gero. Pare che anche la dottoressa Hardy sia irrintracciabile. Siamo entrati nell'orbita del pianeta L-569 da poche ore e già ci è successo questo. Le mappe spaziali forse non mentivano. Questo pianeta è pericoloso.

11:30
...non capisco... La navetta numero 3 non è più ancorata nell'hangar. Loro non si trovano. Mi pare OVVIO che siano andati a esplorare il pianeta. Non siamo in grado di contattarli, ovviamente. E nessuno dell'equipaggio pare minimamente preoccupato...stupidi terrestri!


13:45
il tenente Byas mi ha rassicurato sulle condizioni geo-morfologiche del pianeta, il clima che lo caraterizza è simile a quello della loro amata terra con la peculiarità che su L-569 non ci sono le 4 canoniche stagioni, ma un interrotta calura che avvolge l' intero pianeta. Ancora nessuna notizia dei due ufficiali dispersi, comincio a temere il peggio.

14:00
BASTA! Vado a cercarli!


15:35
Atterraggio da manuale. Questo pianeta è simile alla Terra. Molto simile. Fin troppo. Ci sono quegli strani odori che avevo imparato a riconoscere durante la mia permanenza sul pianeta azzurro, solo...sembrano molto più forti, più intensi. O forse mi ero solo abituato all'aria riciclata della Hypnowave.


16:50
L'altissimo Acetulli mi fulmini per non essere rimasto sulla Hypnowave!!! Questo posto è una giungla impenetrabile e fa un caldo tremendo! Ma che diavolo pensavano i cronisti con "paesaggi mozzafiato" e "atmosfera di passione"? Questo pianeta decisamente non è il mio luogo ideale!!!

18:00
Bazinga! Mari sconfinati! Bazinga! Foreste impenetrabili! Bazinga! Montagne invalicabili! Bazinga! Bazinga! Bazinga!!! Solo una razza così tremendamente emotiva come i terrestri può lasciarsi affascinare da luoghi così scomodi e pericolosi. Bah, ci vorranno ancora millenni di evoluzioni per poterli considerare anche solo vagamente affidabili! Bazinga! Darei tutti i miei bmw fecondati per tornare alle umide lande desolate di Shkrump!

20:45
Su una spiaggia. Una torrida, solitaria, dannatissima spiaggia! Erano là, seduti a fare niente! Anzi stavano "ammirando il paesaggio". Ma hanno una vaga idea dei pericoli che hanno corso? Si erano persino tolti le tute e credo si siano tuffati nell'oceano. Nell'oceano sconosciuto di un pianeta sperduto, senza aver effettuato alcuna analisi! Ci ho messo un’ora per convincerli a tornare alla nave e durante tutto il tragitto mi sono dovuto subire effusioni e risatine. Odio gli umani.

Diario del Dottor Gero,

data astrale 06948926669284

Oggi è stata una gran giornata. Siamo entrati nell’orbita di L-569 e progettavamo di restarci per 48 ore. Ne ho approfittato per sgattaiolare via con la “dottoressa Hardy”. Vuole essere chiamata così quando lo facciamo, ed è solo uno dei giochini erotici che le piacciono. Cristina è fantastica. Sarei rimasto ore a guardarla dormire oggi, sulla spiaggia di quel pianeta sconosciuto eppure così simile alla Terra. Le foreste, i monti innevati, i mari…oggi sembrava di essere a casa. Progettavamo di dormire là e tornare sulla Hypnowave l’ indomani ma si è presentato Rancox che blaterava come un pazzo di quanto fossimo sconsiderati. Sembrava che gli dovessero scoppiare gli sfinteri polmonari da un momento all’altro. Gli altri hanno cercato di farlo desistere ma è venuto cercarci, che palle. Possibile che dobbiamo avere un nerdiano come capitano?!?

Ps: Cristina mi ha risollevato il morale con un’ultima fantastica scopata! Bazinga al capitano!


Questo post è stato scritto a quattro mani con la collaborazione del capitano Rancox, che ringrazio per aver prestato il suo nome e la sua penna a questa grande opera di alta letteratura fantascientifica.

Grazie a Rancox e Byas, negli ultimi mesi ho scoperto due persone fantastiche, di cui mi posso fidare. Thnx my dear friends.

Il capitano Rancox che cerca di far

esplodere la testa del Doc.

sabato 27 febbraio 2010

Being God

Sei mai stato così felice da piangere?
Sei mai stato bambino?
Sei mai stato un traditore?
Sei mai stato un grande aviatore?
Sei mai stato innamorato?
Sei mai stato un assassino?
Sei mai stato amato?
Sei mai stato in Africa?
Sei mai stato abbandonato a te stesso?
Sei mai stato omosessuale?
Sei mai stato coraggioso?
Sei mai stato senza una gamba?
Sei mai stato troppo stupido per fidarti?
Sei mai stato un eroe?
Sei mai stato arabo?
Sei mai stato un soldato ferito?
Sei mai stato alto, bello, con gli occhi azzurri?
Sei mai stato un proletario?
Sei mai stato un coglione?
Sei mai stato grasso?
Sei mai stato una puttana?
Sei mai stato nero?
Sei mai stato morente?
Sei mai stato sulla Luna?
Sei mai stato solo e insicuro?
Sei mai stato vecchio?
Sei mai stato condannato a morte?
Sei mai stato su un letto di ospedale?
Sei mai stato basso?
Sei mai stato ebreo?
Sei mai stato pazzo?
Sei mai stato una famosa rockstar?
Sei mai stato un alcolizzato?
Sei mai stato sulla cima di un monte?
Sei mai stato estasiato?
Sei mai stato deriso?
Sei mai stato un chirurgo?
Sei mai stato autistico?
Sei mai stato una donna?
Sei mai stato infelice?
Sei mai stato usato?
Sei mai stato cieco?
Sei mai stato passione?
Sei mai stato amicizia?
Sei mai stato odio?
Sei mai stato amore?
Sei mai stato un Dio?
Forse Dio è proprio questo...tutto ciò che siamo, siamo stati e saremo...tutti Noi...

giovedì 25 febbraio 2010

sabato 20 febbraio 2010

A me scappa la cacca

Facebook è diventato ridicolmente importante negli ultimi tempi, anche qui in Italia. Dico "ridicolmente" perchè i telegiornali riescono a inserirlo in qualsiasi puttanata. Personalmente lo trovo uno strumento utile sotto vari aspetti. Per esempio da noi viene usato per comunicare orari, partite, allenamenti con la squadra.

ALLENATORE (per la privacy lo chiamaremo Mr.Corny):

NOI INCONTRIAMO TRAVO-CASTELLANA-COSTAZZURRA in 10 giorni.
E' un clima partita che parte da oggi e finisce Venerdì...
9 punti su 9 indispensabili ogni altro risultato non ci serve.

Io sono carico e VOI?

Compagno di squadra #1:

somma....mi sono alzato adesso da letto...adesso come adesso non sono molto carico...magari dopo un pò di più.... ;-)

Io:

Beh in realtà dovremmo parlare di cosa intendi per la parola "carico". Come ben sapete "carico" può riferirsi, secondo una prima ipotesi a, all'essere pieno di energie ma, a scanso di equivoci, ricordo che "carico" potrebbe voler dire anche (la chiameremo ipotesi b) che sto trasportando qualcosa di pesante che, ovviamente nel contesto pallavolistico in cui ci troviamo non sarebbe sicuramente di aiuto limitando i movimenti del giocatore, nonchè la velocità di spostamento (particolarmente importante per i palleggiatori) e ovviamente l'efficacia dei salti, senza contare l'affaticamento precoce al quale si andrebbe incontro. Una terza ipotesi c potrebbe essere l'intendere "carico" con il fatto di aver assunto bevande alcoliche e/o sostanze stupefacenti, nel quale caso, la domanda "siete carichi?" andrebbe a indagare la nostra integrità fisica al fine di poter giocare al massimo delle nostre disponibilità fisiche senza dover temere l'eccesso di potere riducente dovuto all'etanolo o le varie implicazioni psicosomatiche della droga. Ovviamente c'è anche un ulteriore significato di tipo gerarchico (cui ci riferiremo come ipotesi d), nel senso che il nostro allenatore si definisce carico forse nel senso di "farsi carico" della responsabilità delle nostre vittorie/sconfitte e dunque ponendoci la domanda si interroga sul nostro coinvolgimento nella vita di squadra, per sapere se ciascuno di noi sente parte della responsabilità di ciò che accade in campo a prescindere da quanto, come e con chi gioca. Vista il colorito dopo l'amichevole dell'altra sera si potrebbe anche assumere che il "carico" stia per il rossore assunto in volto dal suddetto allenatore (rabbia? emozione? vergogna?) durante queste fasi preparatorie alle partite, anche se dovrebbe, in tal caso, essere più chiaro sulla causa prima del rossore in volto, cosicchè noi si possa rispondere adeguatamente.

A chiunque sia riuscito ad arrivare alla fine di questo sproloquio posso solo dire: complimenti, hai perso n minuti del tuo tempo a leggere un puro esercizio retorico (ma ad alto tasso di simpatia e umorismo) che ho fatto solo perchè avevo voglia di fare e, sì, perchè sono in fase cazzeggio post-esame, ma che ha toccato vertici linguistico-informativi assolutamente notevoli.

Saluti squadra. THIS IS SPARTAAAAAAAAAAAAAA

Non chiedetemi perchè l'ho scritto, non vi saprei rispondere...

Compagno #1:

beh pensavo fossi stato l uniko a dire una cagata...ma non mi sento solo...

Compagno #2:

"appellandomi per cognome" daiiiiiiii! xkè devo leggere solo le vostre stronzate sulla posta di facebook invece ke dei messaggi carini...ke palle!

Compagno #3:

Nonostante abbia trovato il tuo monologo divertente e simpatico, lo definirei soliloquio in quanto ritengo che non importi a nessuno della squadra le tue capacità linguistiche e di retorica ;) ( non lo assumerei come un esercizio di retorica poichè ha lasciato una domanda aperta comune a tutti: dove compri la gangia??
Detto questo io sono carico, nell'unico senso che si possa intendere in questo contesto!

Io:

oh oh ohhhhh...how many closed minds am I surrounded with? Free your soul my dear padawan and you'll reach the FORK...i mean the FORCE!
ah...ti riserverei di rivedere la tua definizione di soliloquio, dato che stavo parlando con gente reale e non frutto della mia immaginazione in questo caso...quindi monologo è forse più corretto...o forse intervento-che-non-c'entra-nulla...o chissà...zuppiera magari...

Compagno #4:
UUOOOOOOOOOOOOOO;-)

Se vi state chiedendo "ma perchè?!?"...è tutto corretto, avete ragione voi...

Mister Corny:

questa sera sicuramente proseguirai nel tuo "SOLILIQUIO" (Perchè non ci sarà nessuno ad ascoltarti) sperimentando la flessione delle braccia intervallata a semplici esercizi di aritmetica, nello specifico sommatoria sino a scoprire di quanto tempo necessita la tua struttura scheletrica per raggiungere il punto di fatica (Definizione di Meccanica).

;)

Compagno #5:

A me scappa la cacca

Non credete che quest'ultimo intervento riassuma tutto in modo chiaro e lampante?

Interessante cosa venga fuori quando non hai idee, vero?

giovedì 18 febbraio 2010

I'm back

Non so a chi possa interessare il fatto che io sia di ritorno ma vabbè. Il periodo esami si è chiuso, con il sottoscritto vittorioso! Quindi mi scuso per il periodo di assenza e bla bla bla, tornerò a postare cose inutili e bla, bla bla.

martedì 2 febbraio 2010

Strangers (part - 3)

Aprì gli occhi di scatto, col fiato corto e il cuore all’impazzata. Era lì, sul treno, accucciato sullo stesso sedile di prima. Lo stesso sedile del suo sogno. Dex dormicchiava ancora con le cuffie nelle orecchie. Nate si alzò tremante cercando di ricomporre le idee. Questo era veramente troppo. Questi “sogni” w qualunque cosa fossero erano qualcosa di anormale. Il treno cominciò a rallentare, stavano per arrivare a una delle stazioni di collegamento. « Dex! » « Uhm…? » biascicò quello levandosi una cuffia « No, Nate non siamo ancora arrivati … » disse guardando fuori dal finestrino. « Scendiamo! » « Scendiamo? » « ORA!!! ». Nate si trovò a urlare senza volerlo. Sapeva che restare lì era un errore. Quel sogno…no, non poteva essere reale … e se lo fosse diventato? « Ma sei fuori?!? E che ci andiamo a fa… ? » « Senti, non ho tempo per spiegartelo, solo fai quello che ti dico Dex… » lo guardò con l’espressione più seria che riuscì a trovare nel suo repertorio. « … ti prego… ». Dexter rimase qualche secondo a guardarlo, perplesso. Si alzò e mise la tracolla in spalla « Spero che ci sia un buon motivo » borbottò, ma si alzò e si diresse verso l’uscita. Nate, sollevato lo seguì. Scesero dal treno e Nate si diresse verso la piccola sala d’attesa. Si piazzò lì, in attesa, scrutando il tabellone elettronico. Il treno successivo delle 8.50 era già segnato lì, a caratteri arancioni su sfondo nero. Dexter si fermò sbuffando accanto all’amico. Dopo qualche minuto sbottò: « Mbèh?!? Che facciamo?!? » « Aspettiamo… » «Nate Thomas! Mi vuoi spiegare che diavolo stiamo facendo qua!?! » « Un attimo di pazienza Dex…Dio, spero di sbagliarmi, quanto spero di sbagliarmi… » mormorò Nate preso dal panico. Sul momento non aveva considerato che il treno, in ogni caso, non era vuoto. Non aveva pensato a dire alla gente di scendere, che c’era un pericolo. Ma cosa avrebbe potuto dire?!? Che aveva avuto una premonizione? L’avrebero preso per pazzo. « Sbagliarti? Sbagliarti su cosa? Ti giuro che se non mi dici cosa sta succedendo… » « Senti io…io ho fatto un sogno » Dexter alzò un sopracciglio « Un sogno? » « No beh… non era proprio un vero sogno. Era tutto così chiaro, come se lo stessi vivendo come una premonizione e… so che suona stupido e assurdo » disse in risposta alla fronte sempre più corrugata dell’amico « ma il treno faceva un incidente e… e… » si interruppe. « Fammi capire » disse Dexter con un filo di voce « siamo scesi dal treno perché tu hai avuto una premonizione » quasi urlò, alla parola “premonizione” « del nostro treno che deragliava!?! ». « … » « Guarda, non so nemmeno cosa dirti » era infuriato. «E ora cosa stiamo aspettando, di grazia? Me lo sa dire mister veggente?!? » « Beh… se ci sarà davvero un incidente tutti i treni verranno ritardati…no? » disse cautamente. Dexter lo guardava inviperito. Poi scrollò le spalle e sospirò « Va bene, vediamo… vediamo…ma prendiamo il prossimo treno e me ne torno a casa! Tanto ormai la mattinata è andata completamente! » Nate in quel momento aveva già smesso di preoccuparsi di Dexter. Di fare pace se ne sarebbe interessato dopo aver risolto i problemi ben più urgenti. Passarono cinque minuti senza che nulla accadesse. Ne passarono dieci. Dexter continuava a borbottare e mugugnare a mezza voce, ma Nate era concentrato solo sul tabellone. Le 8.54. Per quell’ora il treno doveva essere quasi a destinazione. Poi comparve un numerino, sul tabellone. Un 10’. E i numeri cominciarono a comparire vicino a tutti gli orari. In due minuti, tutti i treni erano in ritardo. La voce metallica dell’altoparlante scandì: « Ci scusiamo con i signori viaggiatori, » Dexter si voltò verso il tabellone e sgranò gli occhi « ma i treni subiranno ritardi a casusa di problemi sul binario. ». Le poche persone in attesa esibirono facce miste tra rabbia, frustrazione e accettazione. Solo Dex era inorridito. Nate si sedette, con la testa tra le mani. Come era possibile? Era successo davvero? Se fosse solo una coincidenza? « Magari…magari è solo un guasto Nate…» biascicò Dexter. « Già, magari hanno qualche problema con le linee… ». Nessuno dei due sembrava convincente.
Il problema era più grave di quanto i due si augurassero. Nella stazione si sparse la voce che era deragliato un treno. « Sì, sì c’è un bel casino…» disse una giovane donna in tailleur a un’amica. «Cause sconosciute. Tzè, è quello che vorrebbero farci credere! Sarà senz’altro colpa della scarsa manutenzione…»continuò un anziano signore con l’impermeabile e la ventiquattrore. Nate e Dex erano seduti, che captavano brandelli di conversazioni. Non parlavano. Nessuno dei due sapeva cosa dire. Il cellulare vibrò nella tasca di Nate. Lo schermò indicava due sms non letti, uno risalente a quasi un’ora prima, intorno alle 9. Evidentemente prima non l’aveva sentito. Sapeva già chi era. Liz gli chiedeva dove si era cacciato. Infatti entrambi i messaggi erano suoi. Cliccò su “rispondi” e si bloccò per un momento. Poi le scrisse semplicemente che i treni avevano preso per lui la decisione di non farlo viaggiare quel giorno e che si scusava per non averglielo detto prima. Spiegare tutta la faccenda non era davvero consigliabile in quel momento. Più ci pensava e più le cose non avevano senso. Sembrava tutto collegato, le stranezze che gli erano capitate negli ultimi due giorni. Eppure allo stesso tempo ogni cosa sembrava essere completamente slegata, indipendente. Nate non riusciva a trovare spiegazioni razionali. E ciò lo mandava in bestia. Alla fine si alzò in preda allo sconforto e se la prese con un addetto allo sportello. Fu un’ottima scelta, perché scoprirono un autobus sostitutivo che li avrebbe riportati a casa. Dexter, durante il viaggio, cercò cautamente di ottenere maggiori dettagli da Nate, senza successo. « Non ho idea di quello che stia succedendo Dex, ma di certo non ti coinvolgerò ». Da quel momento Dexter cominciò a protestare e Nate si chiuse in un silenzio tombale fino all’arrivo. Arrivato in casa, con i suoi ancora al lavoro, si buttò sul letto sbuffando. Avrebbe voluto urlare. Spaccare qualcosa. Qualunque cosa pur di avere una vaga idea di ciò che gli stava succedendo. Il cellulare vibrò di nuovo. Dexter che scriveva: « scusa per oggi. Sai che se succede qualcosa io sono sempre qua, vero my friend? ». Il messaggio lo calmò. Chiuse gli occhi. Prima che il sonno e la stanchezza avessero il sopravvento su di lui, si ripromise di chiamre Dex e spiegargli cosa accadeva. « Come se potessi spiegarglielo, non ne ho idea…» fu il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi profondamente.
Aprì gli occhi. Stavolta non aveva sognato, sembrava. Ma c’era qualcosa di strano. Sentiva come se qualcuno lo avesse costretto a svegliarsi, come se lo avessero scosso. Anzi, era più come se qualcuno lo avesse urtato involontariamente, costringendolo fuori dalle braccia di Morfeo. Era già buio. Nate era ancora steso sul letto, indeciso se alzarsi oppure no. Un’ombra. Veloce, fulminea. Sotto la luce della luna piena che illuminava il cielo invernale guizzò una lama verde, diretta al petto di Nate.

lunedì 1 febbraio 2010

Fortuna audaces iuvat...ma a me manco di striscio

E dopo 2 settimane di studio disperato, alternato a ore di canzoni cantate a squarciagola, si sono notati miglioramenti.
a) pare che la biochimica inizi a entrare nella capoccia
b) i vicini hanno smesso di lamentarsi per le urla e le stonature
Arriva il giorno delle prove in cui devi dare il tutto per tutto e cosa ti succede? Ti viene............l'influenza. Il commento sulla mia voce è stato "Eh vacco, sembri un travione...vai da Marrazzo pure te?!?". Ora. Non voglio dire. C'è di peggio. Però un po' lo senti che qualcuno ti prende per il culo eh.
E vorrei dire a quel qualcuno che si è divertito, che almeno non faccia scherzi con l'esame del buon Amos Casti (chessò, causando un mega-sciopero di trenitalia a sorpresa...)

domenica 31 gennaio 2010

Strangers (part - 2)

Dexter si era già messo in fila al bar della stazione e guardava pigramente fuori dalle grandi vetrate, una cuffia dell’iPod all’orecchio. « Fortuna che hai perso il treno pure tu, che palle dover aspettare altri 40 minuti qua da solo sennò…» «……eh? » «…Mi stai ascoltando o sei ancora perso nei sogni Nate? » sogghignò Dexter « Sembri un po’ assente oggi… » Nate era, in effetti, più che assente. « Tu hai visto il barbone giù……? » chiese circospetto all’amico, mentre la barista preparava le tazzine per i due caffè. « Quello che vive nel sottopassaggio? Certo, e mi chiedo perché lo lascino lì, tra l’altro» « No, beh, intendevo… » Nate si interruppe. Cosa intendeva? Che quell’uomo, probabilmente ubriaco l’aveva infastidito biascicando parole senza senso? Che aveva una strana cicatrice sull’occhio? Che lui si faceva spaventare da cose del genere? Si meravigliò di quanto la cosa sembrasse terribilmente ridicola da raccontare. «…no, niente. In effetti chissà perché i poliziotti lo lasciano vivere là. ». Finiti i caffè si sedettero nella sala d’attesa ad aspettare il treno successivo. Nate conosceva Dexter dal primo giorno di scuola superiore. Erano in classe insieme da cinque anni e, nonostante avessero due caratteri molto diversi, erano grandi amici. Era un ragazzo strano. Glielo dicevano spesso, e lui ne era perfettamente consapevole. Anzi, si può dire che ne era quasi orgoglioso. La normalità d’altronde è così banale, si trovava ad affermare spesso, con sarcasmo. Non era il più alto della sua classe, nè il più simpatico. Non si poteva dire che fosse brutto, ma le ragazze non facevano la fila per lui. Dexter, lui sì che era bello davvero. Tutte quante parlavano di lui e si scambiavano pettegolezzi e informazioni che ormai erano leggende con un filo di verità, dopo anni di ingigantimenti e imprecisioni. Ma Dex era una persona profonda, un ragazzo sveglio e intelligente e aveva trovato in Nate uno dei pochi che non aveva fatto a gara per averlo come amico. Fu quello che all’inizio smosse le cose. Nate aveva un suo modo di vedere le cose, un atteggiamento tutto suo verso il mondo che lo circondava. Sembrava, a volte si era sentito dire, indifferente. Dexter, che lo conosceva meglio di chiunque altro, aveva capito in breve che la sua non era indifferenza. Aveva sviluppato un approccio al mondo e agli altri che gli consentiva di essere assolutamente indipendente e slegato da tutto e da tutti. Si contavano sulle dita di una mano le volte in cui Nate Thomas aveva parlato e si era aperto con lui, ma in quei momenti, Dex aveva capito che straordinaria umanità si celava sotto il ruvido volto che mostrava a tutti. Osservandoli da fuori potevano sembrare due estranei ma avevano un profondo rapporto di rispetto e fiducia. Ed entrambi sapevano di poter contare l’uno sull’altro. Dopo quasi venti minuti arrivò il treno successivo ed entrambi salirono. Il barbone rosso, notò Nate mentre attraversavano il sottopassaggio, aveva lasciato la sua posizione, probabilmente alla ricerca di qualche soldo per mangiare. Saliti, Dex si svaccò bellamente occupando due sedili –quando perdevano il treno, quello successivo al confronto era praticamente semivuoto-, e infilandosi si nuovo una cuffietta nell’orecchio. Anche Nate si sistemò le cuffiette e si lasciò trasportare nel suo quieto dormiveglia da pendolare abituario.
Non seppe se a risvegliarlo bruscamente fu lo stridio assordante dei freni, il boato che seguì immediatamente dopo, o lo scossone che percorse tutto il treno. Guardò Dex che lo ricambiò. Era incassato nel sedile, terrorizzato. « Oddio…» mormorò. Provò ad alzarsi ma un altro scossone lo rimisi a sedere forzatamente. La carrozza iniziò a vibrare sempre più forte. « Deraglieremo, di questo passo! » pensò Nate. Riuscì ad alzarsi e balzò verso l’amico, paralizzato dalla paura. Gli prese la mano e lo aiutò ad alzarsi. « Andiamo verso uno dei finestrini che si spacca» gridò Nate per sovrastare gli stridii metallici. Non aveva idea di cosa potesse servire ma fare qualcosa era meglio di fare niente. Presero a muoversi a scatti, tenendosi alle pareti per non cadere, verso una delle uscite di emergenza. Verso la motrice, fumo e fiamme si alzavano da un punto imprecisato del treno. Poi lo vide. Viaggiavano ancora a gran velocità. Eppure, fuori c’era un uomo. Fece un passo avanti e penetrò le lamine metalliche come un fantasma. Un sorriso gli comparve sul volto, appena visibile sotto il cappuccio che portava. Nate era immobile, incapace di pensare, col cervello completamente vuoto. Si era dimenticato di dove fosse e cosa stesse succedendo. L’apparizione puntò il dito contro di lui e in quell’istante ogni centimetro del suo corpo parve esplodere.

mercoledì 27 gennaio 2010

Strangers (part -1)

Strangers

Quella notte non sognò. Gli sembrò di addormentarsi di botto, appena sfiorato il letto. E fu come aver spalancato di nuovo gli occhi verso quella luce blu. Si svegliò sudato e ansimante. Avrebbe giurato di aver vissuto ogni istante, ogni secondo di quella notte vuota. Quel sogno vuoto. « Come se avessi passato la notte sveglio… sospeso in quel vuoto blu… ». Rifletteva mentre l’acqua tiepida gli scorreva sul viso. Uscì dalla doccia ancora perplesso e si diede un’occhiata allo specchio. Aveva una gran brutta cera. « Oh, non posso cominciare la giornata così! » disse al suo alter ego dello specchio. « Basta rimuginare su questa cosa… » la sua mente scientifica gli venne in aiuto « per ora vediamo se capita di nuovo qualcosa come ieri… Potrebbe essere stato qualunque cosa, un episodio isolato…». La sua stessa espressione allo specchio non sembrava convinta della decisione presa. Passò i due minuti successivi a cercare di assumere una faccia allegra e serena, col risultato di sembrare un idiota che si sorride allo specchio e di non accorgersi del ritardo che stava accumulando.

Fu quando il suo treno gli sfrecciò davanti agli occhi che si rese conto. Se sei pendolare, la mattina non ti puoi permettere due minuti per cercare di ricomporre la tua persona. Fisica e mentale. « Ci sono i treni per quello. Ritardano apposta per concederci più tempo, che gentili…» pensò mentre imboccava le scale del sottopassaggio diretto al bar della stazione bramoso di un caffè e una brioche.
«TU!!! ». Qualcuno gli afferrò la caviglia e Nate, istintivamente, saltò indietro per liberarsi della presa. Il suo corpo rispose meglio del previsto e si trovò a tre metri da dove si trovava pochi istanti prima, barcollando per la sorpresa di quel balzo. Vide chi lo aveva afferrato. Era il vecchio barbone col mantello vermiglio. Non l’aveva mai visto in faccia ma doveva ammettere che era parecchio strano. Era più giovane di quanto Nate si sarebbe aspettato, all’incirca sulla quarantina, con una lunga barbetta grigiastra arrotolata lungo il mento. La pelle dell’uomo era chiara, tranne che sull’occhio sinistro, dove risaltava una cicatrice, la pelle bruciata e graffiata. Tuttavia sembrava che sotto quelle escoriazioni l’occhio, come in trasparenza, fosse ancora lì, vigile. Il barbone lo guardava con l’occhio sano, ancora semi-sdraiato a terra. Sul suo viso era un’espressione indecifrabile, di sorpresa e di rabbia, di paura e tensione. «…tu…tu non dovresti essere qui! Eost Daèva.! » prounciò le ultime due parole sottovoce, i suoi occhi saettavano in giro, nervosi. « ehm… senta signore non la voglio infastidire, me ne…» « male, male…grande male, mijonòu imchawi». E mentre parlava alzava l’occhio sano al cielo. Con orrore di Nate anche l’occhio sinistro sembrò muoversi, puntando dritto su di lui. « Non guardarlo negli occhi!!! » diceva il suo istinto, mentre la sua parte razionale gli ronzava nella testa « Macchè occhi!!! Questo non ce l’ha l’occhio! È fuori come un balcone e tu devi solo andartene a berti il tuo caffè!!! ».
« Ehi Thomas! » una voce familiare dietro di lui. Dexter era sulle scale a qualche metro da lui, evidentemente in ritardo mostruoso. « Caffè? » sogghignò. Nate, spaesato, si girò verso il barbone. Quello era di nuovo avvolto nel manto rosso, il volto nascosto tra le ginocchia, che borbottava parole a mezza voce. Un attimo di indecisione e Nate raggiunse Dex, non senza la sgradevole sensazione che l’occhio morto del barbone rosso lo stesse ancora fissando.

sabato 23 gennaio 2010

Deep Blue

La navetta di Nate lo depositò davanti all'imponente edificio in stile neoclassico dopo soli dieci minuti. Si diresse verso l'ingresso principale insieme a decine di altri studenti, e affrettò il passo quando notò attraverso le grandi vetrate che Liz lo stava aspettando davanti alla scalinata che portava alle aule del primo piano. La ragazza reggeva una pila di libri sotto un braccio e nell'altra mano aveva una brioche («sicuramente ripiena di qualcosa di pesante e ipercalorico» pensò Nate), che per poco non le cadde di mano quando si slanciò per attirare la sua attenzione. Nate la cinse per un fianco e la alleggerì dal carico di libri, dopo averle scoccato un bacio sulla fronte. «Iniziavo a pensare che ti saresti perso la lezione di Cooper» sorrise lei, addentando un morso di brioche e offrendogliene un pezzo, mentre s'incamminavano per la scalinata di marmo. «Io invece inizio a pensare che tu ti cibi solo ed esclusivamente di quelle bombe a mano ripiene» rise lui, rifiutando il cornetto. «No dai scusa…sai com'è…colpa dei treni, sempre in ritardo…» replicò alla finta faccia offesa che Liz aveva sfoderato. «Certo immagino che anche per te sia stata dura la tua passeggiata di cinquanta metri per attraversare la strada» ironizzò lui «avevi proprio bisogno di energia…». Lei gli sfiorò il fianco pizzicando il filo di pancetta del ragazzo e sorrise. «Almeno quanto ne hai bisogno tu…» gli disse facendogli la linguaccia.
Mentre la guardava non poté fare a meno di pensare quanto fosse stato fortunato a incontrarla. A dire la verità loro si erano letteralmente scontrati un mese prima, il primo giorno di scuola e, dopo parecchie imprecazioni sul fatto che nessuno dei due aveva idea di dove si trovassero, né di dove si tenesse il corso a cui dovevano arrivare entro i successivi venti secondi, avevano trovato l'aula e si erano seduti vicini, con i complimenti del professore di Fisica generale, per essere riusciti ad arrivare in ritardo già dalla prima lezione. Il giorno stesso erano andati a pranzo assieme e avevano scoperto di avere molte cose in comune, tra cui una passione smisurata per la musica degli anni '70, e i viaggi on the road senza una meta precisa. Durante quel primo mese di scuola erano diventati amici e spesso studiavano insieme, risolvendo la preoccupazione di Nate, che era abituato agli studi di gruppi coi vecchi compagni di classe. Liz era intraprendente e decisamente più brava di Nate negli esercizi, ma non lo eguagliava in quanto a nozionistica, anche perché lui era dotato della cosiddetta "memoria fotografica" e aveva allenato quella capacità riuscendo a ricordare un numero impressionante di definizioni e formule, senza neanche troppa fatica. Era proprio nel fissare in testa i dettagli del viso di Liz che si era stupito del fatto che verso di lei, avrebbe forse potuto provare un sentimento che andava oltre l'amicizia.
Arrivarono davanti alla porta dell'aula contrassegnata dal cartellino "Fisica I – prof. H. Cooper" ed entrarono nel vasto spazio a gradoni sedendo nei loro soliti posti in penultima fila. Salutarono silenziosamente i loro vicini – Helen, Fergie, e Tay – ed estrassero i loro bloc-notes. Il professore era già lì, appoggiato alla cattedra che leggeva un foglio di appunti, probabilmente la lezione che stava per tenere. Nella sala regnava un silenzio quasi totale, interrotto da qualche bisbiglio o dal fruscio di qualche foglio di carta. Henry Cooper aveva questa straordinaria capacità. La classe aveva capito, dopo il breve discorso tenuto dal professore la prima lezione, che con quell'ometto dall'aspetto bonario non si scherzava, e che sotto la lunga barba e gli occhiali dalla montatura metallica c'era un insegnante come è sempre più raro trovarne. Estremamente competente nella sua materia, era in grado di far provare ai suoi allievi lo stesso amore che lui stesso provava per quegli argomenti, ma pretendeva da questi, serietà e professionalità.
«Bene, buongiorno a tutti» disse con la sua voce baritonale, che risultava quasi ridicola, su un uomo dalla corporatura così minuta, «come ricorderete abbiamo lasciato in sospeso il nostro discorso sul moto parabolico…». Nate posò la penna sul foglio e in quel momento qualcuno gridò. Un grido che sembrava provenire da un punto imprecisato dietro di lui. Una donna forse…? Sussultò e si voltò di scatto, esclamando «…cosa…?». Niente. Si girò. Liz lo guardava con aria interrogativa, e così anche gli altri. Il grido continuava, un urlo lacerante, straziante, di qualcuno che provava un dolore oltre i limiti della sopportazione. Nate si guardò intorno confuso e si accorse di essersi alzato in piedi, anche se non ricordava di averlo fatto. Il grido aumentava sempre di più in intensità. Cooper lo guardava stranito «…mi scusi, lei? Sì, lei là in fondo...». Nate si coprì le orecchie ma fu inutile perché l'urlo sembrava provenire dalla sua testa. «Basta!!!» gridò. «Fatela smettere…». Sentì le forze che gli vennero meno e la vista gli si annebbiò. Cadde. L'ultima cosa che avvertì in lontananza era Liz che gridava «Nate!» e cercava di afferrarlo…l'urlo continuava dentro di lui…
Si sentiva soffocare. «Nate…». Poco più di un sussurro. Era Liz? Voleva risponderle ma si sentiva come sospeso sott'acqua. Blu. Tutt'intorno. Muoveva le labbra ma non usciva nessun suono. Poi lo sentì ancora. La donna -non sapeva come, eppure ne era certo, era una donna- urlava ancora. Ma era come se il suono gli giungesse senza forza, ovattato, come se tutto fosse ricoperto da un soffice strato di neve. Prima la forza del grido sembrava avergli lacerato i timpani, invece al momento sembrava che il suono, come dotato di una propria coscienza, non volesse più fargli del male. Era un aroma che lo invitava a seguirlo, lo incuriosiva. «…Nate…». Stavolta più forte. Era come se la voce lo trascinasse lontano da quel mondo color cobalto. Lontano da quell'urlo. E si rese conto che stava lottando per resistere al richiamo. Non capiva perché, ma voleva improvvisamente sapere chi soffriva in quel modo. Gli sembrava familiare, gli sembrava…di non ricordare qualcosa di…importante, una cosa semplice…che tuttavia gli sfuggiva sempre più, man mano che cercava di afferrarla. «Nate!». «No!» articolò lui, anche se nessun suono uscì dalla sua bocca, quando una forza invisibile lo strattonò via.

Aprì gli occhi ancora annebbiati e trasse un profondo respiro, mentre il senso di soffocamento lasciava il suo corpo. Ansimava come se fosse appena riemerso da una lunga apnea. Sopra di lui c'era Liz che lo osservava preoccupata, mordendosi il labbro inferiore, le sopracciglia corrugate. Si guardò intorno e si accorse che non era più nell'aula di Cooper. «…Dove…?» biascicò. Era ancora stordito, ma si stava rapidamente schiarendo le idee, mentre cercava di ricordare più dettagli possibili del sogno -se di sogno si trattava- da cui era appena uscito. «Come ti senti? Abbiamo dovuto portarti in infermeria perché sei caduto e non riprendevi conoscenza…» balbettò Liz «…pensavamo avessi battuto la testa…continuavi a muoverti in modo strano». «Sto…bene…» disse «…credo…», mentre cercava di calmare il respiro e di far rallentare il cuore che batteva ancora a mille. Sentì che la mano destra gli faceva male e si accorse che aveva ancora in mano la sua penna. Probabilmente l'aveva tenuta stretta per tutto quel tempo e notò che la pelle era graffiata e le ferite arrivavano fino alla carne. Si domandò per quanto tempo fosse stato privo di conoscenza e con quanta forza aveva contratto la mano. Oltre alle escoriazioni infatti gli era venuto un crampo non appena aveva cercato di muovere le dita. .«Oh…ci siamo svegliati eh?» disse una donnina dai capelli bianchi che entrava scostando la tenda della stanza. «Come stai caro?» chiese quella che Nate immaginò essere la dottoressa dell'istituto, mentre gli toccava la fronte per sentire se era caldo. «Solo un po' scosso…» rispose intanto che lei gli misurava la pressione. Nascose la mano graffiata e dolorante. «Non capisco cosa…non mi è mai capitata una cosa del genere…». «Niente problemi cardiaci, ipertensione, epilessia…?». «…No…mai avuto niente di più serio di un'influenza…». Era vero. Era sempre stato sano come un pesce, non aveva preso la varicella nemmeno quando quasi tutti nella sua scuola l'avevano contratta. «…Bè…sembra che adesso sia tutto normale…resta ancora un po' qui, calmati e riposati, poi vediamo…magari è stato solo un calo di pressione…» disse gentilmente l'anziana donna. Uscì dalla stanza probabilmente per andare a informare Cooper che stava bene e si era ripreso.
«Non è stato un calo di pressione…» mormorò Liz a bassa voce «…vero?». Lei lo guardava fisso negli occhi, con un misto di preoccupazione e incertezza sul viso. Nate evitò il suo sguardo. «Non lo so proprio…». Sapeva che lei aveva colto nel segno, ma era ancora scioccato e spaventato da quello che gli era successo, e aveva mille domande senza risposta. «Nate, sembrava che avessi un'incubo!» scattò lei «eri tutto rigido…sei diventato pallido e…» lo guardò con uno scintillio di rabbia negli occhi «non sei svenuto e basta! Hai urlato prima, e avevi gli occhi…sembravano…non so…erano strani…». Nate si rabbuiò ancora di più. Era davvero troppo strano. Aveva ancora in testa quella voce…tutto quel…dolore che l'urlo gli aveva trasmesso. Lo sentiva come se in parte fosse suo. E la cosa lo terrorizzava. Si chiese come dovesse comportarsi. Era sicuro di aver bisogno di aiuto, ma il suo orgoglio personale e la sua vecchia abitudine di volersela cavare da solo lo frenarono dall'aprirsi con Liz. «Non so cosa sia successo, non ricordo nulla, Liz» disse prendendole una mano e sforzandosi di guardarla negli occhi «magari è stato davvero un calo di pressione…» sentì la mano di lei che ebbe un fremito «…non so…ma ti prometto che andrò a fare dei controlli in ospedale» concluse. Lei lo guardò in silenzio qualche secondo, con una strana espressione, come per capire se stava dicendo la verità, poi si arrese e sospirò «Ok, fa' come credi…ma non sottovalutare questa cosa. Non si sa mai.» Concluse, quasi ripensandoci. Nate si sentì un po' più sollevato per averla tranquillizzata almeno quel poco. Poi gli venne in mente una cosa. «Liz…» chiese prudentemente «eri tu che mi hai chiamato mentre ero svenuto?». «Beh…sì, appena dopo ho cercato di farti rinveni…» «No, intendo…appena prima che mi svegliassi» «No, la dottoressa ha detto che era meglio se aspettavamo che ti svegliassi da solo…hai sentito qualcuno che ti chiamava?» indagò. «…mi è sembrato, sì…ma forse sognavo». Non gli era semplicemente sembrato, ne era certo. «Ma se non era lei allora…?». Un'altra domanda senza risposta, un ulteriore problema da risolvere.

sabato 16 gennaio 2010

E uguale a emmeciquadro

Tempo libero tendente a zero. Ma ciò equivale a dire che mi sto muovendo con velocità tendente a infinito. Quindi dovrei essere in grado di finire ciò che sto facendo nel momento stesso in cui decido di farlo. Ecco. NO. Un paradosso della fisica come pochi.

mercoledì 6 gennaio 2010

Me ne vado a sciare ma mi sento in colpa quindi due stronzate le scriviamo naaa???

Occhei sto studiando, non ho tempo di scrivere, perchè la sera voglio solo crollare a letto. Ma, e dico ma. L'altro giorno guardavo (stranamente, in effetti) la tv, che passa la pubblicità delle Vivident (credo...vivident, vigorsol...ien tut uguei). Eden. Lui armeggia con dell'erba. Lei si toglie l'erba che usava come reggiseno. Lui ci fa una palla da calcio e non la caga. A questo punto lei s'incazza. Possiamo darle torto?!? No, lui è pirla che non la chiava. Apro qui una prima parentesi. Basta con questa finta correttezza, il romanticismo e blablabla. Trovatemi una sola donna che tu non la chiavi (o la chiavi MALE) ed è contenta. Ti molla. Ti distrugge. Lo dice a tutte le sue amiche. Devi cambiare città, nazione, forse farti PERSINO un nuovo profilo di feissbuc! D'accordo ragazze, l'uomo della vostra vita dovrà essere un gentiluomo, dovrà apprezzarvi e amarvi per come siete, dovrà farvi il caffè la mattina e portarvelo a letto anche se sembrate la nonna di chi il poveretto si è portato a letto la sera prima. Ci sta. Va bene. Noi lo si può anchee fare. Ma per piacere non mi venite a dire che non vi importa del sesso daaaaaaai! E vogliamo dirlo che ci piace a tutti?!? Trombiamo di più per favore!
Chiudo la parentesi e riprendo con la pubblicità. Lei è incazzata. E si rivolge a qualcuno là in alto. Cioè, a piùdi qualcuno. Si perchè tra le nuvolette del cielo e rappresentati con le classiche tuniche e le barbe bianche ci sono ben tre vecchietti. Che ovviamente risolvono tutto lanciando un pacchetto di cicche a lei, lui la vede e si innamora del suo sorriso fantastico. Non dirò che sei pirla due volte percè lei è ANCORA senza reggiseno e tu le guardi i denti. Non lo dirò perchè preferisco chiedermi cazzo ci fanno tre tizi con la barba sulle nuvole. Allora, io capisco che sia una pubblicità. Tra i requisiti ci devono aver messo qualcosa del tipo " se non è idiota non ve la mandiamo in onda". Però cribbio, citi l'Eden e la Bibbia, va benissimo, però cita giusto. Cioè perchè mettere TRE vecchietti (il che significa che hanno pagato due "attori" in più eh)?!? La cosa mi fa girare parecchio e senza un vero motivo. O forse, perchè il mio viaggio sull'assurda motivazione della scelta di dividere in tre il vecchio Padre Onnipotente (senza scomodare Cristo e lo Spirito) mi ha portato a pensare che possa essere un altro caso di questo pseudo-finto buonismo verso l'apertura a culture diverse. Non fraintendetemi. Sono apertissimo. Stasera ho giocato una partita di calcetto con 9 ecuadoriani ed io l'unico italiano. Considero tre ragazzi del Camerun, miei colleghi, dei grandissimi amici. E sono persino (sigh, lo scrivo, è ironico...) stato ospite da un terrone che stimo e rispetto una cifra. Conoscere altre culture è rispetto. Dell'altro. E di sè stessi. Della propria cultura e delle proprie origini. Se devo mitigare, modificare, attutire certi aspetti perchè l'altro si potrebbe ritenere offeso...beh...non sono più tanto d'accordo. Soprattutto perchè ultimamente nel nostro Paese viene buttata lì una finta accettazione, un finto buonismo e un'ipocrisia veramente ignobili.
Il confronto, credo, preveda che ognuno mostri all'altro com'è, da dove viene, come pensa. Il passo successivo è l'accettazione dell'altro, con magari qualche riserva, qualcosa che non è proprio perfetta, ma su cui ci si può passare sopra. Cioè, è così che ci si relaziona. Se poi le divergenze sono troppe, mica bisogna essere amici con tutti no?!?
Vi saluto tutti che me ne vado qualche giorno. A sciare! Considerato che non avevo molta voglia di scrivelo, questo post, credo sia venuto fuori benino. E credo che SCIUSCIA apprezzerà il mio essere scorretto (qualche volta lo sono pure io, ebbene sì)
Saluti dal Doc

giovedì 31 dicembre 2009

My Road - IV

Fine di un altro anno. Non che me ne freghi, odio queste convenzioni. Ma ora sono qui, a letto, dopo una gran bella serata. Felice. Mi piace la mia vita, da qualche anno a questa parte. Qualcosa è da sistemare, ma quello mi sa che vale per tutti, i momenti di "perfezione" sono più unici che rari. Eppure...una vecchia ferita.
Scrivo......cosa scrivere? Ho mille pensieri in testa, ma voglio parlare col cuore in mano. C'è stato un momento in cui tu sei stato l'unico su cui potessi fare affidamento. Nemmeno ci conoscevamo eppure ti sei preso carico di quel poco di persona che ero all'epoca. Tu non lo sai, ma c'è stato un giorno che tu mi hai salvato la vita. Sono e sarò sempre in debito. Mi hai aiutato in momenti difficili, hai sopportato più di quanto avrei mai potuto chiedere. Ti sono così grato per quello che sei stato, per avermi sostenuto e per esserti incazzato quando c'era bisogno. Non ho sempre ricambiato nel migliore dei modi, nonostante le mie intenzioni fossero sempre buone. Ho avuto la fortuna di conoscere una persona speciale. In un certo momento ho pensato (...forse sperato?) che la nostra amicizia sarebbe durata veramente, nonostante le nostre vite avessero preso strade diverse. Ci credevo davvero. Ci tenevo davvero. Le cose purtroppo non vanno sempre come te le aspetti. Lo capisco. Tempo. Priorità. In fondo non so nemmeno io cosa ci ha unito. Tu me lo sai dire?
Mi dispiace? Sì, tantissimo. Mi manchi. Mi dispiace perchè ogni volta che non riusciamo a incrociarci per questo o quel motivo, mi sento triste e stupido allo stesso tempo per essermi creato delle aspettative. Purtroppo sono così, non c'è niente da fare (presente i castelli aria alla Scrubs??? Ecco più o meno così). Non te ne do certo la colpa, come non me la prendo io. Semplicemente, succede. Le persone che amiamo a volte se ne vanno. A volte tornano. A volte no. Ci mancano. Ma le cose migliorano, può non sembrare, può volerci tempo...ma alla fine tutto si sistema. Io spero. Spero, perchè ho fatto tutto quello che potevo fare. Soprattutto, spero che, se avessi bisogno, tu sappia che sono ancora qui. Perchè ti voglio bene, amico mio, e sempre te ne vorrò.

martedì 29 dicembre 2009

My road - III

Ho scritto un post così onesto, introspettivo e personale che non sono riuscito a pubblicarlo. E dire che ho già scritto, racconti, poesie, canzoni soprattutto! Credo di non essere pronto a buttarmi così, a nudo, in pasto a chiunque. Mi odio per questo. E vado a letto incazzoso, per l'argomento del post & per non essere stato in grado di condividerlo. Still my road goes on...

giovedì 24 dicembre 2009

Cazzo mene del Natale??? Io mi faccio i cazzi miei

Ho letto un libro, ma è passato tanto tempo e non mi ricordo il titolo, nè tutta la storia. So che c'era un indiano, uno di quegli indigeni americani che fanno la pubblicità alle Mentos, che andava a vivere con questa famiglia americana per qualche strano motivo. Non riesco a ricordarmi la trama, maledizione, ma mi è rimasto impresso un discorso di questo nativo americano. Parlava della fretta, del poco tempo che dedichiamo alle cose, della scarsa attenzione a ciò che ci circonda. Diceva di poter viaggiare in due modi: a cavallo, raggiungendo la sua destinazione in tempo utile, oppure a piedi. Andare a piedi, anche con un po' di ritardo era quello che preferiva. In questo modo riusciva a osservare tutto ciò che si trovava di fronte, per la sua strada; incontrava gente, si fermava se qualcuno lo invitava a casa propria. Sarebbe un bel vivere. Coi nostri ritmi non è possibile (lo dice un pendolare sincronizzato con Trenitalia eh...). Eppure cerco di prendermi qualche momento di "slow motion", in cui riesco a osservare, pensare, riflettere. Solo poco tempo fa ho notato, in una grande via del centro, un palazzo completamente diverso da tutti gli altri, molto più antico, stile architettonico lontano dai suoi "vicini" coi quali fa abbastanza a pugni. Quante cose ci perdiamo ad andare ai mille all'ora? Quante persone non conosciamo? Quanti particolari ci facciamo sfuggire a passare in bicicletta a tutta velocità perchè il 7.52 sta per partire e la tua sveglia è sì, suonata, ma tu sei più suonato di lei. Ieri però, su suggerimento dello StranierodiElea, sono riuscito ad andare sul Po. E nonostante il gelo, la neve e la pioggerellina c'erano i gabbiani. Che io non avevo mai visto in questa lurida città, su questo lurido fiume.
Lo so, è una riflessione stupida ma è sicuramente più utile cercare di prendersi qualche periodo per sè stessi piuttosto che strombazzare le solite cose su "siamo tutti più buoni", "pace e amore", "porgi l'altra guancia" et ceteram. Meno ipocrisia, please.
Buone Feste a tutti i (pochi) poveracci che si prendono la briga di leggere quello che butto in questo spazio etereo. Per me, è più utile di quanto pensiate. Per voi, spero sia stimolante. Se non lo è, pazienza. Io mi faccio i cazzi miei.

AUGURI DA DOC GERO

lunedì 21 dicembre 2009

Caput anni

Visto che ultimamente ho una marea di pensieri in testa, un sacco di cose da fare e un casino di neve che mi blocca gli spostamenti, ci aggiungo un'altra cosa...il Capodanno. Ditemi voi se non è una festività scomoda?!? Tu prova a stare in casa l'ultimo dell'anno...ti senti in colpa! Ti fanno sentire un recluso! Tutti a festeggiare, che poi cosa festeggi che magari è stato un anno di cacca? Secono la mia umilissima esperienza, ci sono tre tipi di festeggianti (ma si può dire???):
a) L'organizzatore cronico: quello che a Luglio inizia a fare il giro di amici e tu ti senti dire:"Ma scherzi??? Per Praga bisogna prenotare ALMENO 6 MESI PRIMA!!!". E tu ci provi a farglielo capire che non sai nemmeno se ti bastano i soldi per il caffè da 33 cents delle macchinette, ma no, lui continua e ti spara nomi di agenzie, rimproveri su "quanto siete disorganizzati" e "senz'altro vi troverete a una settimana prima senza sapere cosa fare".
Esatto! Embè??? Che problemi ci sono??? Qui dunque arriviamo al tipo
b) Pecorone festaiolo: è l'emblema vivente del "vorrei sì...ma chi me lo fa fare???". Per cui avrebbe mille idee per la festa, il posto, gli invitati, le gnocche...tutto nella sua testolina. E rimane lì. Indissolubilmente legato al vuoto cosmico della sua scatola cranica. Perchè è sbatti. Alla fine si ritova a fare la cosa più comoda che gli capita, organizzata dagli amici, a cui lui si accoda (esiste una variante lamentosa e insopportabile che tende a rompere i coglioni perchè alla fine avrebbe preferito fare altro, più bello, più figo, organizzato meglio...)
c) L'incazzato: ecco. Non so quanti ne esistano di questi tizi. Io sono così. Ne conosco altri, ma siamo una specie rara. Un moto di repulsione ci scuote alla parola Capodanno. Ci ritroviamo costretti a fare cose che non vogliamo, a festeggiare una festa inutile (anzi, mi viene da dire una festa finta), a spendere soldi che avremmo dirottato volentieri sul MacBook (*__* oddio il Mac).
Esiste un ma. Anzi esiste un ma però (così la pugnalata all'italiano gliela diamo pure qua). Quest'anno mi frulla qualcosa in testa. Non perchè è Capodanno, no. Quell'insulso giorno però, potrebbe rendersi utile per darmi l'occasione di rivedere una città che mi ha scaldato il cuore anni fa. La maggggica Roma. Non voglio organizzare. Non voglio convincere la gente. Voglio andare là. Vagare per la città eterna senza meta e assaporarne l'aria invernale. Lasciar vagare la mente, provare quello che solo un posto così antico, così unico può farti assaporare. Ricordarne i suoni e i colori. Sarebbe, forse, quell'evento che, magari mi porterebbe a ritirare un po' di odio verso il 31 dicembre. L'innamorato che torna dall'amata dopo anni. Alla mezzanotte del 31 dicembre, un piccolo uomo sarà solo l'ennesima insignificante anima che passa e va per quelle antiche strade. Minuscolo, privo di importanza e tuttavia...felice.

domenica 13 dicembre 2009

Destino in buca d'angolo

Sono esponente di una scienza inesatta. Ma non è per colpa nostra. La stessa realtà che ci circonda è inesatta. Sono imperfetti i nostri metodi di misurazione, di valutazione, di sperimentazione. I stessi nostri organi di senso, le nostre percezioni e sensazioni...Noi siamo inesatti. Siamo parte, d'altronde, di questa realtà così caotica e perfetta allo stesso momento. Ogni tanto mi viene in mente una frase che disse la mia prof. di fisica (la mitica Pedretti): "Se conoscessimo la quantità di moto di tutte le particelle dell'universo in un qualsiasi momento, potremmo predirre tranquillamente il futuro". Va che è una roba mica da poco! Sapete come funzionano tutte le cellule? Con meccanismi che cercano di massimizzare le probabilità che la tal proteina, il tale ormone, o quant'altro possano venir "captati" dal suo enzima,recettore ecc. E sapete come funzionano le interazioni chimiche tra atomi e molecole? Basti pensare che gli elettroni vengono studiati con una funzione d'onda che indica la probabilità di trovare l'elettrone in un dato punto piuttosto che in un altro. Ci troviamo in questo assurdo, gigantesco e affollatissimo biliardo che prosegue da miliardi di anni, catapultati qua, cerchiamo di adattarci studiando come possiamo quelle poche biglie che abbiamo a portata di mano, senza renderci conto che altre mille, e mille ancora, saranno sempre al di fuori della nostra portata, della nostra comprensione. Una su tutte: chi ha dato la stecca iniziale?

sabato 5 dicembre 2009

My Road - II

La strana cena al messicano. Il nuovo compagno di squadra totalmente allupato e un po' pazzo (però simpatico, dai). La Gaia che continua a ridere. Quell' ecuadoreno che ti chiama "fratello" e che è troppo tempo che non ci si vede. La conseguenza è che ti fa scompisciare ogni tre per due. Il dj che conosce tutta la mafia latino-americana. E scopri così che le scene da film (presente quando tutti fanno un cerchio intorno ai due e questi si sparano/si prendono a botte/si sfidano a passi di hip-hop???), ecco quelle succedono davvero. Il giusto sms nel giusto momento della serata, quello che, inaspettatamente, ti fa commuovere un po'. L'assurda idea del locale di scambisti a Milano. Conclusione serata con passeggiata notturna solitaria. E ti trovi a pensare che anche se non te ne frega niente della mafia sudamericana ti senti fortunato a conoscere gente con cultura e abitudini così diverse dalle tue. E quello strano rapporto non detto del tipo "tu sei fuori dal mio mondo ma pian piano ci si viene incontro". Il che significa che prima o poi verrò trascinato in qualche disco latinoamericana, jeans slargone, cappellino e catenozza al collo. Ma anche quella intesa (detta ancor meno, per carità, l'orgoglio latino!!!) "se hai bisogno, nel dubbio, chiamami che forse una mano te la posso dare". Entrambi sappiamo benissimo che ci sono cose di cui non parleremo mai. Ma non importa, perchè è giusto così.E ancora una volta, ti ritrovi a pensare che la vita è bella per le persone che incontri. Per i rapporti che instauri. E ancora una volta capisci che dedicare la vita agli altri è la cosa migliore che si possa fare. Per loro. Per te stesso.

mercoledì 2 dicembre 2009

Trains

Solo il tiepido gelo invernale che,
incessante, mi penetra l’anima .
Un istante, solo un breve momento,
mi perdo, abbagliato da profondi
occhi di luce.
La luna, tace.

martedì 1 dicembre 2009

Monday morning, out of my mind...

Il lunedì è un giorno difficile. Lo sappiamo tutti. Di conseguenza, vista la pioggia torrenziale nella mia cittadina e il diluvio (supposto, ma azzeccatissimo) in quel di Parma oggi ho scansato il lunedì. Sveglia con caaalma alle 7.45. Colazione. La giornata prosegue nello studio inframezzato da pause varie. L'ultima potevo anche non farla. Allenamento del cazzo, davvero. Però, ora tutto è più facile. Domani è martedì. Easy. Si va spediti. Anche se il karaoke in mutande delle 11 di mattina ti fa passare meglio tutta la giornata (sapevate che cantare libera le endorfine???). Dovrebbero farla a lavoro e in università. Pausa karaoke. Domani mattina partirò in aula di anatomia con "Gold" Spandau Ballet. Colleghi e prof. siete avvisati!

domenica 29 novembre 2009

Sempre colpa dei giovani...

Serata normale. In macchina col Paglia. 30 Km/h. Passiamo per le vie del centro. Spunta uno in bici, età approssimativa 40-45. Il mio amico sterza e inchioda e gli fa il pelo. Questo ci manda a cagare violentemente. Paglia scende.
"Paglia resta dentro e andiam..."
"NO guarda che sei tu che non hai rispettato la precedenza!"
Questo gli va a centimtri 5 dalla faccia. "VA VA...MEGLIO CHE VAI A CASA SENNò TI DISFO"
Scendo anch'io (ok, non sono la persona giusta per fare da mediatore in questi casi...)
IN quel momento arrivano altri due scesi da due macchine (amici del tipo? mah...viste le TESTE DI CAZZO comuni probabile...).
"TI CONVIENE ANDARE A CASA!"
"TAGLIATI I CAPELLI, SENNò TE LI TAGLIO IO BARBONE"
"VA, VA...CAZZO, TORNA A CASA DALLA MAMMA!"
Questo è un campione degli insulti che ci sono stati rivolti. Corredati di minacce di botte su botte. Da gente CHE AVEVA TORTO MARCIO. Che dovrebbe avere il senno di un quarantenne, non quello di un bulletto di periferia. Non siamo arrivati alle mani perchè i "ragazzini", quelli che non sanno un cazzo della vita, quelli che dovrebbero essere i coglioncelli, sono riusciti a contenersi. A non rispondere alle provocazioni di questa gente completamente matta. Con il doppio dei miei anni. Ah già...con la metà della mia stazza.

giovedì 26 novembre 2009

Gero Docet.......?

Credo che un giorno potrei rientrare di nuovo in un'aula del genere. Magari proprio in quest'aula. Per cercare di insegnare a dei poveracci come lo sono io ora. Chissà come sarei? Mah, probabilmente non dovrei nemmeno pensarci, ma non riesco a non accarezzare l'idea, ogni tanto. Di sicuro so una cosa. Le mie prime parole sarebbero: "Bene, chiariamo subito una cosa...chi mi chiama professor Gerosa verrà bocciato all'esame. Detto questo...piacere prof. Gero".

domenica 22 novembre 2009

♂ & ♀ ( = ☠)

Occhei capiamoci. Sono un figo. Ecco vedi? L'ho fatto di nuovo. Facile. Sbruffoneggiare, lo chiamo io. Impettonirsi. Pavonizzare. In un gergo universalmente accettato dire due, tre stronzate. Mi hanno detto che sono uno che si fa notare. Sì insomma, uno che spacca (fattiz'). Facoltà di 220 individui. Pare io sia conosciuto un po' da tutti (fonti esterne, non posso accertarmene). Ora però mi sorge un dubbio. La cosa ha senso se poi tanto la domanda è: "Oh ma...chi è quel figo del tuo amico?" ?!? Sono quei momenti in cui il tuo orgoglio maschile subisce delle belle scosse. 6.4 Richter diciamo (siamo scienziati, quindi semo precisi con le misure, cribbio!). Se poi tu sei tanto pirla (e gli vuoi troppo bene al to' amis) e rispondi pure con un:"Sai che è libero e ti vorrebbe nuda sul suo letto?". Ecco. Vorrei trarre una conclusione, ma credo sarebbe solo un'ulteriore scossa.

venerdì 20 novembre 2009

RLS pro 2.3

Chiuse gli occhi per un secondo. Prese un respiro. Li riaprì e fece fuoco. Vide il corpo del giapponese cadere nel teleobbiettivo. Pochi secondi e il dispositivo di cammuffamento ottico avrebbe occultato il cadavere per le successive 12 ore. La tecnologia sviluppata dal professor Hachimi aveva portato grossi benefici alla fanteria degli eserciti. Oltre all'utilizzo, abbastanza scontato a dire la verità, della CT (Camuflage Technology) per rendersi quasi invisibli e avvicinarsi agli obbiettivi, avevano pensato di poterlo applicare ai proiettili, in modo che il nemico potesse accorgersi delle perdite quando ormai era troppo tardi. Inutile dire che prima che il progetto fosse completato erano passati anni (problemi con gli schizzi di sangue). Ci ha facilitato un bel po' la vita, pensò mentre, a 500 metri di distanza non si poteva più scorgere la presenza di un corpo, a meno di non avvicinarsi parecchio. O di avere a portata di mano un sensore a infrarossi. Dovevano assolutamente sperimentare qualcosa per quei dannati infrarossi. Erano lo strumento d'eccezione per contrastare i cecchini, visto che il CT non copriva il calore di un corpo umano. In quel momento la deflagrazione di una granata lo fece sussultare. NO! Non ora, cazzo, avrebbero dovuto aspettare ancora un'ora! Che diavolo era successo? Si alzò e corse in direzione dell'esplosione.Anche se aveva impiegato quasi un'ora, strisciando per raggiungere la postazione di tiro in cui si trovava, pochi minuti di corsa in realtà bastavano per raggiungere il comando. Correva, quasi invisibile, in mezzo al fango per poi raggiungere con un balzo il passaggio scavato da lui stesso pochi giorni prima. Un odore di carne bruciata misto all'acre odore dei lacrimogeni lo investì appena entrato nel piccolo tunnel appena sotto il livello del terreno. Si erano scavati una trincea pochi giorni prima, una base sicura a cui appoggiarsi. A quanto pare qualcosa era andato storto. Si trovò davanti l'artigliere della squadra, un grosso irlandese più simile a un orso, in quanto a stazza, piuttosto che a un uomo. Appoggiato al muro di fango del minuscolo corridoio, cercava di tamponare le profonde ferite -pareva causate da scheggie di un ordigno- che aveva sul braccio sinistro. "Batou! Che succede?" "Sapevano che siamo qui" Sgranò gli occhi. Com'era possibile? Avevano preso tutte le precauzioni..."Non so come, ma dobbiamo andarcene! Non hanno ancora identificato la nostra ubicazione precisa, ma -e fece un cenno al braccio- pare che stiano andando per tentativi." "Vado a cercare il Maggiore" disse ricominciando la corsa. Batou gli gridò qualcosa ma il rumore di un'altra esplosione in superficie non gli permise di sentirlo. Aveva il cervello vuoto. L'istinto di sopravvivenza stava avendo la meglio sulla mente ben addestrata del soldato. Dovevano uscire da quegli angusti spazi, o la base sarebbe diventata la loro tomba. Arrivò alla piccola stanza dove si trovava l'uscita verso la superficie e vide il Maggiore e Togusa. In quel momento un'esplosione proprio sopra di loro fece crollare il soffitto sopra le loro teste. Si ritrovò pochi metri più indietro, ma nel voltarsi vide che dove avrebbe dovuto trovarsi l'uscita c'era solo un muro di fango. I suoi due compagni erano stati sepolti sotto la montagna di detriti. Con gli occhi offuscati dalla polvere e dal fango iniziò a scavare con le mani quell'immensa montagna di melma. Doveva salvarli. Loro avrebbero fatto lo stesso. Non dovevano morire lì. Non era possibile! In quel momento si accorse di qualcosa che non andava. C'era troppa luce... Sulla sua testa, l'esplosione aveva aperto un piccolo spiraglio verso l'aria aperta. Nemmeno il tempo di realizzare cos'era successo, sentì l'elmo volargli via dalla testa. Un soldato gli aveva appena sparato un colpo dritto in fronte, proprio da quella fessura. Furono attimi lunghi un secolo. Si aspettò il dolore ma quello non arrivò. Non capiva cos'era successo, la sua testa era una grossa bolla vuota in quel momento. Poi vide per terra. Il proiettile si era conficcato nell'elmetto ed era rimasto lì. L'adrenalina s'impossessò del suo corpo. Sono vivo! pensò euforico. Un altro colpo. Stavolta cadde. Una pozza di sangue. Poi una luce.
Tutti i suoi ricordi tornarono, con quella familiare -e fastidiosissima- sensazione di indolenzimento del cervello. Si staccò il visore e sbattè le palpebre per abituarsi alla luce della sala giochi. Di fianco a lui, Togusa disse:"Ah, sei morto anche tu allora." con una lieve delusione nella voce. Sorrise, malevolo. "Ok, mi hai battuto, anche se di pochi secondi! E comunque...te l'avevo detto che questa versione in multiplayer è più figa no?". Era vero. le potenzialità dell'RLS (reality simulation) aumentavano esponenzialmente, potendo giocare con più amici. Uscirono all'aria aperta, fuori dalla gigantesca sala giochi, continuando a parlare delle vita appena terminate. La volta successiva però, avrebbe scelto qualcosa di tranquillo. Un artista magari. L'ultima esperienza -"vivi anche tu all'epoca della terza guerra mondiale! Solo su RLS pro 2.3" diceva la pbblicità- era stata un po' stancante. Si incamminarono verso casa, mentre ancora Togusa polemizzava sulla solita questione. "E poi non è per niente realistica no? ...insomma, con tutti i filtri per il dolore che vengono imposti dalla legge non riescono nemmeno a simulare una morte decente!"

giovedì 12 novembre 2009

Sometimes it happens...

A volte capita. Capita che sia un perido un po' così. Capita che
uno fa qualcosa e tu pensi: "Ma cazzo fa???". Capita che poi uno
ci ripensa e si fa un'idea. Che a volte è giusta. A volte è sbagliata.
Capita che a volte vorresti che gli altri sentissero che avresti
voglia di parlare. Perchè magari hai qualche problema. Capita che
anche gli altri hanno dei problemi però. E magari a loro non gli va
per niente di parlare. Modi di affrontare le cose. A volte capita che
non riesci a capire le decisioni degli altri. A volte capita che
di essere un po' stronzi. A volte capita di essere un po' egoisti.
A volte capita di fare qualche cazzata. A volte capita che non te ne
frega niente. Perchè a volte capita che trovi gente che ti apprezza
comunque. A volte riesci ad apprezzare lo stesso gli altri. Anche se
capita che siano un po' egoisti. Un po' stronzi. E le cazzate le
perdoni. Capita che basta passare una serata assieme
e senza dire niente sistemi tutto. Che forse non c'era nemmeno niente
da sistemare.A volte capita.

venerdì 6 novembre 2009

Caritas

La Chiesa è diventata e resta un'istituzione umana. Questo è ciò che contesto. Il che significa, in pratica, che contesto tutto. Come può un concilio di uomini decidere aribitrariamente che il Figlio è "della stessa sotanza del Padre" (homooùsios)? Vogliamo essere più recenti? Come può la Chiesa essere vicina ai giovani quando è rimasta indietro di secoli?!? Non metto in dubbio le buone intenzioni cristiane. Sacerdoti, cristiani, scout, ho visto con i miei occhi gente che dava tutta sè stessa per gli altri. Sono i vertici del potere che infangano tutto questo. Gli scandali, l'ostentazione di ricchezza e potere, l'influenza politica nel nostro Paese e in altri (vedi Spagna...). La gerearchizzazione è stato un fenomeno che è cresciuto nel tempo fino all'affermazione dell'infallibilità papale! Torniamo alle origini del cristianesimo. Ricordiamoci che in origine la Chiesa era nient'altro che la comunità. La comunità dei cristiani. La comunità di coloro che seguivano Cristo. La comunità di coloro che amano il prossimo e che sanno perdonare.

giovedì 5 novembre 2009

"Robo dei Porcupine Tree" - questo il titolo provvisorio a cura di Roxane

1)Vicino di casa, anni 16-17 che trotterella come fosse Heidi con le sue caprette che fanno ciao. Beccato in flagrante a fare l’idiota, abbassa gli occhi, imbarazzato.
2)“Mi sono dimenticata i biglietti!!!” Roxane a Doc. Gero
3)“Tenersi sulla destra,ricalcolo,girare a destra,a destra,a sinistra, ricalcolo,ricalcolo…” navigatore Garmin a Doc Gero e Roxane
4)“Descrivimi minuziosamente il suo pene…!!!” Roxane a Doc. Gero…sorvolo su questa frase
5)Foto artistica (scattata a caso sul pubblico) allegata alla fine del post
6)Tanfo durante tutto il concerto. Veramente indicibile.
7)Wilson a piedi scalzi (forse spiegazione del punto 6).
8)Vomitata spettacolare di un tipo fuori dall’Alcatraz
9)“…Di solito negli incidenti muore sempre il nero o la strafiga….tu sei il nero.” Doc. Gero a Roxane
10) I semafori NELLE rotonde a Milano. E le indicazioni per raggiungere l’autostrada lasciano un po’ troppo all’inventiva personale.
11)Nebbia incredibile in località Casalpusterlengo. Ok, questo era il punto saldo, l’unica certezza di tutta una vita. Qualunque periodo dell’anno, a Casale c’è nebbia. Anche a Luglio.
Questo il bilancio del pomeriggio/sera/notte del concerto dei Porcupine Tree.

mercoledì 4 novembre 2009

My best friend

G. rise di gusto. Il tramonto incorniciava la campagna londinese mentre un vento gelido si infiltrava in mezzo al suo maglione. Era da tempo che non si bevevano una birra in compagnia, come ai vecchi tempi. Vecchi tempi che tanto lontani non erano. Sembrava ieri l'ultimo giorno di liceo, quando presero ognuno la propria strada, dopo anni passati insieme. Anni indimenticabili, pensava G. Erano rimasti in contatto durante i periodi in cui l'università lasciava loro qualche spazio, ma si erano persi di vista quando a M. era stato offerto un posto esclusivo nel cuore della city londinese. G. era rimasto in Italia per continuare i suoi studi e aveva quasi perso i contatti con l'amico, negli ultimi due anni, senonchè, circa una settimana prima, aveva ricevuto una lettera dalla capitale inglese. Il giorno dopo, era sul suolo britannico, diretto verso l'appartamento di M., appena in periferia. La giornata era passata in quello che gli era sembrato un minuto. E ora era lì, un po' alticcio, col suo amico di sempre. Dondolava avanti e indietro le gambe sul muretto di pietra, osservando l'orizzonte.
"E poi dicono che il clima qui fa schifo...a parte questo vento, la giornata è stata splendida".
"...è davvero quello di cui vuoi parlare? Il tempo?"
G. lo osservò stupito. M. non era cambiato. Alto e atletico, capelli scuri, aveva ancora quell'espressione da ragazzino che faceva impazzire le donne.
"...non saprei, era per dire..."
"Non credi sia ora......?"
"Ora? Ora per cosa?" chiese guardandolo di sottecchi. Poi si lasciò cadere giù dal muretto di pietra. Si voltò con aria interrogativa verso M., che gli stava dando le spalle.
"...è ora...vedrai..." disse. E s'incamminò lungo il sentiero costeggiato da cipressi.
"M.?" bisbigliò G. Ma quello era già andato.
Finì quello che restava della sua birra da pochi euro e lo raggiunse velocemente mentre il cielo si dipingeva deglle ultime tinte rosso e arancio.
"C'è qualcosa che devi dirmi vero? Immaginavo che non avessi fatto venire solo per una rimpatriata..."
M. non rispose. Continuava a camminare.
"Novità? Ti sei sistemato con qualcuna e vuoi farmela conoscere?"
Attese una risposta che non arrivò
"Beh...sarebbe carino mi dicessi perchè mi hai chiamato qua...mi ha fatto piacere vede..."
"Sai perchè sei qui." Fece un cenno con la testa verso qualcosa al suolo.
G. non si era accorto che si erano fermati.
"M....che stai dicendo?" gli chiese osservando quello che l'amico gli aveva indicato. M. non lo guardava. Era ancora girato di spalle, gli fece solo un altro cenno verso la piccola costruzione ai suoi piedi.
G. si avvicinò lentamente, cercando di scorgere, nella fioca luce del crepuscolo, le parole che vi erano scolpite in oro lucido.
La vista gli si annebbiò a causa delle lacrime, che ora scorrevano copiose sulle sue guance.
"...è ora di lasciarmi andare, G."
"No..."
"...è ora...smetti di soffrire..."
"...non...è....giusto" singhiozzò
"Sarò sempre con te amico mio..."

LAYS HERE M. F.
SON, MAN, FRIEND
HE'S WALKING THE STREETS OF HEAVEN

domenica 1 novembre 2009

Questione di rispetto

Va fatta chiarezza sulla morte di Stefano Cucchi. Ma c'era bisogno di pubblicare le foto del cadavere dopo l'autopsia? Non ho assistito ad autopsie...ma anche nelle dissezioni anatomiche in ospedale ci è stato insegnato il rispetto per chi ha volontariamente messo a disposizione il proprio corpo perchè noi potessimo imparare. Rispetto che è mancato totalmente per questo ragazzo e la sua famiglia.

venerdì 30 ottobre 2009

I hate shopping

Due pantaloni. Una polo. Bancomat che non funziona. Odio lo shopping. Una tracolla. Un maglione. Lieve incazzatura. Odio lo shopping. Niente pranzo. Bancomat che non funziona, ancora. Odio lo shopping. Questo il risultato di sette ore all'outlet di fidenza insieme a due belve (una in particolare) affamata di shopping. L'ho detto che odio lo shopping? Eppure è stato un pomeriggio piacevole. La cosa mi fa molto pensare...

domenica 25 ottobre 2009

My road - I

Vi siete mai fermati a pensare a chi siete? Probabilmente no. D'altronde la gente sana non si fa questi problemi. Eppure è un problema...cioè, provate a seguirmi. L'esistenza uno non è in grado di darsela da solo. Ci vuole un padre, un creatore che ti "tolga" dal nulla e ti dia un nome. Il padre (o per alcuni, il Padre) dà al figlio il nome, la sua essenza, cosa sarà. E rinnegare il padre significa rinnegare il nome. Significa perdere la propria identità. Avete presente Romeo e Giulietta? Deny thy father, refuse thy name. Interessante come anche in Harry Potter ed Eragon, parte di più recente, popolare e, almeno secondo alcuni, bassa cultura, si ritrovino esempi di questo concetto. Voldemort rinnega il proprio nome e ne crea uno fittizio per avviarsi a una nuova vita di terrore. In Eragon invece, per esempio, conoscere il vero nome di una persona (nome segreto persino alla persona stessa, nella maggioranza dei casi) la si può costringere al proprio volere semplicemente pronunciandolo. La ricerca del vero nome è spiegata come una strada verso la scoperta di sè stessi, una via tutt'altro che facile e, spesso, poco piacevole. D'altronde il significato (perlomeno quello più antico) del battesimo non era forse questo? L'inizio di una nuova vita, vita da figli. Questo è il grande dramma della laicità. Il dramma di chi è orfano e viaggia alla ricerca di sè stesso. Infatti per darsi un nome occorre sapere chi si è. Diapositiva 18Occorre essere certi del proprio posto nell'Universo, e del proprio rapporto con esso. Altrimenti ogni nome sarà fittizio, ogni atto un brancolare nel buio che presto perde di scopo.